ARTICOLI
Pubblicati sulla Gazzetta di Modena, La Pressa, QuotidianPost Independent News, IVG e raccolti in volumi - Massimo Carpegna Writer
Prokof’ev e uno sberleffo impunito a Stalin
Parte Prima
La cultura è lo strumento più efficace per indirizzare e migliorare la società.
La cultura sa costruire un’identità di popolo, far nascere una nazione, come spernacchiare uno dei più feroci dittatori del secolo scorso.
All’inizio del 1800, alcuni intellettuali individuarono nell’opera lirica, lo spettacolo più seguito a quel tempo, quale mezzo per veicolare l’idea di unità e libertà dal giogo straniero. Un giovane compositore, Giuseppe Verdi, divenne il loro cantore e opere come Nabucco e I Vespri Siciliani infiammarono il popolo. “Viva Verdi!”, era scritto sui muri; Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia, il suo occulto significato. E così la musica accompagnò e sostenne le battaglie dai Moti Rivoluzionari del 1848 alla Prima Guerra d’Indipendenza dell’anno successivo, fino ad arrivare all’unità, a cancellare quell’appellativo dell’Italia quale espressione geografica e nulla più. Quindi, lo dobbiamo alla cultura se oggi siamo nazione, abbiamo un debito con romanzi quali “Ettore Fieramosca” di Massimo D’Azeglio o a cori come “Va pensiero sull’ali dorate” di Giuseppe Verdi.
RUGGERO LEONCAVALLO
E IL DELITTO DI MONTALTO UFFUGO
Il 9 agosto del 1919 moriva a Montecatini Terme Ruggero Leoncavallo, compositore tra i più importanti di quel movimento artistico che prese il nome di “verismo”. La sua opera più rappresentativa è senz’altro “I pagliacci” che, appunto, appartiene al Verismo italiano, quello di Giovanni Verga. Per sommi capi, il Verismo si diffuse durante il periodo della Seconda Guerra d’indipendenza e si affermerà anche nei primi anni del ‘900. L’11 luglio 1859 Vittorio Emanuele II firmò con Napoleone III e Francesco Giuseppe I d’Austria, l’Armistizio di Villafranca, ratificato successivamente con la Pace di Zurigo nel novembre 1859. Nonostante l’ingente spargimento di sangue e i molteplici atti d’eroismo dei soldati e dei volontari, il sogno di un’Italia unità non era stato raggiunto e da questa delusione nacque quella sorta di pessimismo che permeò le opere veriste. La popolazione, ma anche la nobiltà e la ricca borghesia, non avevano più fiducia che l’Italia riuscisse a unificarsi e un certo “campanilismo” iniziava ad affacciarsi, nel caso che, invece, il re piemontese fosse riuscito nel proprio intento. Ricordate la frase di Don Fabrizio ne “Il gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa? “Noi fummo i gattopardi, i leoni. Chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene.”
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